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giovedì 31 gennaio 2019

Recensione (la mia esperienza): Fai piano quando torni.

Ho finito di leggere il libro in questione solo da due giorni, ma volevo parlarvene anche qui.

Partiamo dalla trama:

"Fai piano quando torni" è un romanzo di narrativa italiana che tratta la storia di Margherita.
Questa giovane ragazza trentaquattrenne, sopravvissuta ad un brutto incidente stradale, si ritrova in una stanza di ospedale con una vecchietta, che di piccola e minuta, non ha proprio niente, ma che anzi, si rivelerà una signora anziana un po' sfacciata, ignorante sulla carta, ma molto meno nella vita.
Margherita, reduce da diverse perdite recenti nella sua vita, si troverà ad aprirsi con questa signora, e ad instaurare un nuovo rapporto d'amicizia che le cambierà l'esistenza per sempre.

Le presse erano buone, anche se poteva venirne fuori un disastro tremendamente noioso.
Le prime pagine scorrono che è un piacere, poi circa ad un quarto del libro la storia rallenta, per poi correre all'impazzata subito dopo. La vita è un po' così no? A volte noiosa, a volte mette l'acceleratore.

La scrittura di Silvia Truzzi è scorrevole, non complessa, abbastanza ricca sul piano musicale. E' pieno di musica questo libro, musica italiana.

Mi è piaciuto questo libro? Si.
Perché? perché è una storia di rinascita e le storie di rinascita mi toccano sempre un po' da vicino. Perché è una storia di amicizia e lega due donne, seppur di due mondi molto lontani, in un unico mondo, quello della felicità.
Perché è una storia di rivalsa verso se stessi e verso il mondo. Perché è una storia (riprendendo il mio ultimo post) piena di serendipità.

E' un libro dalle vicende assolutamente prevedibili, ma non posso sconsigliarlo per questo motivo.
Ha sicuramente delle scelte stilistiche che non mi sono piaciute (vedi letterine all'inizio di ogni capitolo), ma altre invece si (vedi pensieri di Margherita, scritti in corsivo per sottolineare l'intimità e non lo scorrere della storia).

Non so come può essere, ma alla fine di questo libro, avevo una voglia matta di fare un salto a Napoli, vedere l'isola di Capri e perdermi nella freschezza e spensieratezza della nostra terra del sud che troppo spesso sminuiamo, e ancora più spesso la pensiamo solo come una terra dove i pregiudizi che ci hanno inculcato possano caratterizzare quella gente e quei luoghi.


ps. potrete trovare il resto della recensione o una parte di essa, anche sul mio canale yt nei prossimi giorni. potete accedervi cliccando qui accanto ----------->

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lunedì 28 gennaio 2019

La parola del giorno: serendipità

Alla mattina, mentre vado al lavoro, ascolto sempre la radio.
Diciamo che è una delle cose che più preferisco, a volte a livello d' informazione proprio, e a volte come compagnia durante il viaggio.

Al mattino, nell'orario nel quale io sono in macchina, solitamente ascolto le letture delle testate dei giornali  e i commenti di qualche cervellone che partecipa al programma in radio.

Solitamente ascolto RTL 102.5, perché a quell'ora, ascolto il programma nel quale è ospite Davide Giacalone, scrittore e giornalista italiano, con il quale il più delle volte, mi trovo d'accordo con i pensieri.

A parte tutta questa premessa, stamattina ho acceso e ho tenuto il canale di RMC. C'era qualche canzone che mi piaceva e tra una e l'altra, gli speaker radiofonici che parlavano di argomenti leggeri. Non avevo voglia di pesantezza proprio oggi. Così, sento parlare di Serendipità.

Ricordo di avere visto il film (carino anche, seppur niente di memorabile), ma di non essermi mai veramente interessata e soffermata sulla parola.

Dicevano appunto che oggi era l'anniversario del vocabolo, coniato da un tizio (chissà qual era il nome.... io e i nomi, non andiamo molto d'accordo) nel 1754, che però riprendeva anche il nome antico di un'isola dello Sri Lanka dalla quale era nata una fiaba in cui tre principi, durante le loro avventure, continuavano ad scoprire indizi che poi li portavano puntualmente fuori dai pericoli e dai pasticci.

Dunque con questo termine, che trovo bellissimo anche solo da pronunciare, si intende la capacità di captare tutti quegli eventi o fatti che ci accadono e che per pura fortuna (o chi crede al destino) per destino, ci capitano in un momento inaspettato o nel mentre cerchiamo altro.

E' bastato poco per rendermi piacevole la mattina, pensando a questa parola.
Spesso siamo così concentrati su noi stessi, sulle nostre sfortune che non ci rendiamo conto di quello che ci circonda, delle persone che ci circondano, delle occasioni che perdiamo perché crediamo, noi crediamo sempre, ma crediamo cosa? Abbiamo sempre la verità in mano? Crediamo sempre nelle cose giuste, nelle persone giuste, nell'avere una soluzione buona per noi? Ne siamo poi così sicuri?

Vi auguro un po' di serendipità oggi e nei giorni a venire, per lasciarvi trasportare da ciò che ci circonda e sempre meno da ciò che crediamo di sapere.

giovedì 24 gennaio 2019

Il prossimo


La settimana scorsa, ho dovuto acquistare un Tablet per mio babbo, ne aveva necessità e non intendendosene, ha mandato me alla ricerca.

Ne avevo visti diversi, ho guardato caratteristiche, valutato prezzi, finchè ho deciso per un modello che avrei potuto acquistarlo sia on line (su Amazon), sia fisicamente (alla MediaWorld), comprandolo sempre dal sito, ma facendolo arrivare in negozio e pagandolo in contanti.

Ho fermato quello sul sito MediaWorld pensando che ormai non compro quasi più niente nei negozi fisici, e a parità di prezzo, anche se dovevo fare della strada, sarei comunque andata a prenderlo là, per dare un incasso al negozio e incrementare un pochino la vendita di un negozio fisico.
Contando che, con l'opzione Prime (che pago ogni mese 4.99), avrei potuto averlo il giorno dopo e a casa mia, ho scelto in ogni caso in negozio fisico.
Il tablet è arrivato fisicamente per il ritiro in negozio, 7 giorni dopo l'ordine. Nessun  problema, non avevo fretta, andava bene lo stesso.

Il caso ha voluto che il giorno di arrivo, è stato proprio il giorno in cui al lavoro ho fatto la giornata piena. Quella mattina sono partita da casa alle 6 e 50 come tutti i giorni, e alle 19 e 15 ero in strada per recarmi al negozio, finito il mio orario di servizio.

Premettendo che il negozio chiude alle 20, dal mio luogo di lavoro, ci ho messo 12 minuti in macchina ad arrivarci. Ho parcheggiato e alle 19 e 32 ero dentro, con già in mano i documenti per il ritiro e i soldi nell'altra.

So che da li a mezz'ora, il negozio avrebbe chiuso. So cosa vuol dire quando entra una persona negli ultimi 5 minuti prima di chiudere i battenti, e quindi ho voluto avere tutto in mano per fare il prima possibile sia per loro che per me, che dopo 12 ore, anche io avevo voglia di tornarmene a casa.

Infilato il piede in negozio, il commesso al banco mi guarda, gira gli occhi al cielo, soffia e mi dice con tono di voce alto e grosso: "sei un on line?"

Io mi guardo attorno, non capendo neppure se ce l'aveva con me gli risposto: "buona sera, sì, ho acquistato on line e devo ritirare se è questo che mi sta chiedendo".

All'interno del negozio c'ero io, il signore che stava servendo il commesso e un altro in fila con i fogli in mano e 3 commesse al banco.

Finisce di servire il signore davanti a me, continuando il discorso che aveva probabilmente cominciato prima che io entrassi. Diceva che quando un cliente entra verso la fine del  loro turno di lavoro, fà tardare la chiusura del negozio almeno di mezz'ora, e il signore lo interrompeva dicendo che stava venendo dal lavoro e quello era l'unico momento per riuscire a fare il ritiro.

In quell'istante  mi sono guardata riflessa nel vetro della vetrina.
Occhiaie sotto il mento, tuta sportiva, cose in mano, borsa in spalla, non un filo di trucco. Si vedeva che  non ero li per farmi un giro o rompere le scatole.

Finalmente tocca a me, il commesso mi chiede i documenti per il ritiro, gli dico che gli ho stampato tutto e che ho tutto nella cartellina che gli lascio volutamente tutta unita sul bancone. Questo sbuffa ma allo stesso tempo, con un finto sorriso, mi dice che sono brava ad avere stampato tutto.
Inizia a sghignazzare con le colleghe, dicendo che non trova l'ordine on line a quell'ora, gira su se stesso, apre un armadietto dietro di sé e tira fuori da li il tablet. Me lo sballa, fà la fotocopia della fattura, mi dice dove firmare, e mentre appoggio la penna sul foglio, gli allungo i soldi che volutamente conta a voce alta tra le colleghe.
A quel punto mi blocca, e mi chiede di chi è il nome del destinatario sulla fattura, sotto all'indirizzo del negozio.
Gli spiego che il tablet è di mio papà, ma che l'ordine l'ho fatto io on line, che la fattura come vede, porta i miei dati e che il ritiro lo sto facendo io, stavo già per tirare fuori il documento di identità quando gli dico: "senta, lei ha già i miei soldi in mano, se vuole darmi quel tablet bene, altrimenti io riprendo i miei soldi e la saluto e il suo tablet se lo tiene. E io lo compro altrove".

Il tono cambia immediatamente dicendomi che per questa volta passa, ma che per la prossima, servirà la delega. La tessera punti MediaWorld è intestata a mio papà, ovvio che compariva il suo nome sopra.

Dovevo comprare anche la cover, e la pellicola, avevo deciso di prendere tutto li.
Invece prendo il mio tablet, esco come una furia dal negozio e salgo in macchina alle 19 e 44.

La prossima volta non ci sarà bisogno della delega, perché non acquisterò più li, né fisicamente, né con ritiro on line.

La cover e la pellicola l'ho ordinata su Amazon, arrivo previsto a casa: DOMANI.  I corrieri mi lasciano tutto fuori dalla porta se non mi trovano, a volte mi scrivono anche un biglietto carino e me lo appiccicano sotto la maniglia.
Fanno una vitaccia, sempre di corsa, ma mai una volta che li ho trovati scocciati o che mi abbiano risposto male. La maggior parte sono giovani. Il commesso alla MediaWorld avrà avuto sui 45/50 anni, lavoro consigliato: LA FABBRICA o LA ZAPPA.

Io finisco di  lavorare tutti i giorni alle 13.30, tranne il martedì che appunto ho tutta la giornata.
Se entra qualcuno alle 13 e 26 minuti, lo tratto nella stessa maniera nella quale tratto le persone che entrano da me alle 7.30. Soprattutto se il loro abbigliamento è da lavoro. E se qualcuno che doveva venire a fare le cure alle 13, arriva alle 13.15, ma viene dal lavoro, io lo aspetto anche 15 minuti oltre il mio orario, perché non era a giocare e nemmeno a guardare in su, ma spesso sono persone che fanno i muratori e sono cotti dal sole, mangiano su un tetto nella loro pausa pranzo e hanno fatto i salti mortali per arrivare.

Non chiedetevi poi, come mai i negozi fisici, anche quelli aperti da decenni, chiudono!
Perché la risposta è spesso dietro ad un bancone, con un sorriso finto, dalle frasi maleducate e si chiama IL PROSSIMO.

lunedì 21 gennaio 2019

Viaggi e abitudini

Stamattina mi sono svegliata e tra le prime cose che ho fatto, oltre a fare colazione, è stata prenotare un volo.
L'ho voluto prenotare in anticipo poiché il prezzo era conveniente e perché, se la devo dire tutta, mi piace organizzarmi per tempo e fantasticare su mete future.
Avete presente la frase "l'attesa del piacere è essa stessa il piacere"?
Ecco, funziono più o meno così anche io.
Se a questo ci aggiungo che nemmeno so se il viaggio sarà certo (per motivi lavorativi), allora di mezzo c'è anche la speranza.
In spagnolo "aspettare" si dice "esperar", perché poi in fondo, aspettare non è anche sperare?

Io dico di si.

- A volte penso che non mi sarebbe dispiaciuto nascere in Spagna o in un altro stato, dove esistono vocaboli (come in inglese per esempio) che hanno un significato tutto loro e che nella lingua italiana o in altre lingue, non esistono e non si spiegano con un'unica parola, ma con una frase. -

Quante volte vi è capitato di dire: "se avessi più soldi andrei, farei..."

Tutti questi SE, ce li mettiamo noi molto spesso. Vero anche che, se le cose che facciamo saltuariamente e che tanto ci rendono felici, le facessimo di frequente, non troveremo la stessa felicità nel farle.
Si chiama meccanismo di abituazione.
Quando il nostro cervello riceve uno stimolo che inizialmente è nuovo poi da nuovo diventa ricorrente, si abitua e invece di dare una risposta carica di neurotrasmettitori eccitanti, ce ne darà una sempre meno elettrizzante, fino ad avere una risposta di routine. Soprattutto se lo stimolo in questione per noi non è nocivo o se non cambia di intensità.

Quindi tre sono le parole chiave per una vita sana:
-attesa
-speranza
-novità.

Tutto ciò che è nuovo crea una risposta attiva. Riempiamoci di novità, svegliatevi la mattina e disordinate la vostra giornata, andrete a dormire con un sorriso in più, nell'attesa e nella speranza.

Chissà appena sveglia, che cosa farò domani....



giovedì 17 gennaio 2019

Anziani e Pompei

Mi chiama un signore stamattina per prenotare delle cure termali.
Gli dico che se arriva in tempo per le 10 e 15, riesco a farlo cominciare subito.
Mi risponde che viene subito anche se è in giro con la mamma, che è anziana, e che lo aspetterà in sala d'aspetto. Gli rispondo a mia volta che non è un problema, va benissimo.

Arrivano, il signore entra, accomoda la mamma in saletta d'attesa, fà la sua cura e salutandomi  dice con la mamma: "hai visto? abbiamo visitato un nuovo posto stamattina!"

Lei si guarda attorno, ride e mi dice: "Meno male signorina. Tutti vanno a visitare posti come Pompei, che sono tutti morti, almeno qui mio figlio mi ha portato a visitare un posto di vivi!"

Come darle torto.
"La saluto signora, buona giornata!"

martedì 15 gennaio 2019

Il pangasio

Stavo pensando al cibo.
Non perché ho fame (oddio, forse un pochino si), ma perchè prima ho aperto Facebook, e ho letto una di quelle frasi/immagini che girano sul web ripetutamente.

La frase diceva: "amare è andare al supermercato, tra gli scaffali, e dire: questo glielo prendo perché so che a lui questo piace".
Sono passata oltre,  poi tornata indietro, e ci ho pensato su.
E ho pensato che ieri, ho fatto la stessa cosa.
Sono passata tra gli scaffali dei surgelati, ne ho aperto uno, ho preso il pangasio e l'ho messo nel carrellino, perché mi è venuto in mente: "sai, ho tanta voglia di pesce bianco, hai presente di quelli al forno, gratinati o con i pomodorini? ecco, quello li!"

Se voglio bene a qualcuno, almeno una volta, se non mille, gli ho fatto sicuramente una cena, un pranzo o qualcosa da mangiare. Per me cucinare per qualcuno è come dirgli: ti voglio bene e ti offro il mio tempo per darti una cosa che ti può far felice, che ti può piacere
.
Sono di quelle che pensano che la felicità si possa avere con poco. A volte davvero poco.


E pensare che io odio il pangasio, e tutto quello che è pesce bianco, proprio non mi piace, e nemmeno lo mangio.

lunedì 14 gennaio 2019

Recensione (la mia esperienza): Notti in bianco biaci a colazione.

Volevo inaugurare questa nuova rubrica di recensioni libresche, proprio con questo titolo.

L'ho acquistato dopo averlo tenuto in whishlist per davvero tanto tempo, ahimè troppo.
Poi un giorno sono entrata in libreria e l'ho visto sullo scaffale tra le nuove entrate usate che hanno da ibs, vicino alla cassa (se siete di Ferrara). Quando entrate, date sempre un occhio a quel scaffale, spesso si trovano dei tesori nascosti.

Così sono riuscita a comprarlo per la metà del costo iniziale, e il giorno dopo ho iniziato a leggerlo.
Purtroppo il libro è durato veramente pochissimo. In un soffio l'ho terminato.
Dire che l'ho amato è dire poco. Mi ha fatto perfino pensare di poter davvero aprire questo blog!

Comunque, non ha una vera trama. E' un libro di narrativa, l'autore è Matteo Bussola (ex dipendente con lavoro fisso e stabile, che ha lasciato la stabilità per potersi dedicare al suo più grande sogno lavorativo: i fumetti. Disegnarli proprio). Diciamo che, per chi  non conosce il libro, posso dire che è una raccolta di vissuti che lo riguardano e che riguardano anche tutti noi.
Lo scrittore ha una mano d'oro nello scrivere (e anche nel disegnare a quanto pare) e sa descrivere emozioni  e avvenimenti come se fossero una sceneggiatura di un film, in cui presto o tardi ci cadrete dentro, con tutte le scarpe, la mente e il cuore.

Ogni vissuto non dura più di due facciate. In ogni due facciate, troverete un mondo intero.

Ero restia ad acquistarlo poiché credevo fosse un libro da genitore a genitore. Vista la copertina, ma non c'è detto più vero di "non si giudicare un libro dalla copertina" come in questo caso.
A vederla infatti, sembrerebbe un libro per bambini.
Io di infantile, là dentro, non ci ho trovato proprio niente.

So solo che l'ho finito e l'avrei ricominciato daccapo. Così ho iniziato a cercare l'autore su Facebook (in cui scrive abitualmente sulla sua pagina personale) per cercare di colmare il vuoto che mi aveva lasciato.

Tratta di tutte le emozioni che un uomo può provare. Dal diventare padre o madre. Dal diventare marito o moglie. Dal crescere al fermarsi a pensare. Dagli errori personali alle rivincite personali.

Vi consiglio di non lasciarvelo scappare.
Si può leggere, essendo diviso in capitoletti, anche con calma, "un racconto" prima di andare a dormire. Anche se  so, che quando inizierete a leggerlo, non  ve ne staccherete più, e il racconto di "prima di andare a dormire" diventerà "oddio ho letto tutta la  notte!".

Dicono che ci sia sempre un momento giusto per leggere un libro. Per gli scritti di questo autore, il momento giusto è SEMPRE.

(link al libro cliccabile notti in bianco baci a colazione.)

domenica 13 gennaio 2019

Ricetta dei pancake della domenica

Tutta la settimana faccio colazione di corsa perché sono una pigrona e mi piace, se riesco, dormire fino all'ultimo minuto e perché per quanto mi riguarda, la famiglia che si mette a tavola tutti insieme per fare colazione (es. Mulino Bianco) , è un'utopia.

Al mattino odio il mondo, finché non entra in circolo il caffè. Sono di quelle che: non mi devi parlare, urlare, accendere la tv, altrimenti la mia giornata parte già troppo male.

Quindi l'unico giorno in cui riesco a vivermi una colazione serena è la domenica. Dove ho più tempo per fare tutto, dove ho della calma, e del silenzio per riprendermi.

Qui di seguito vi scrivo quello che uso io per fare i pancake.

Ingredienti:
- uno yogurt (io amo quello alla banana, voi potete mettere quello che più vi piace. Non sopporto quello in pezzi.. Ma non si pone il problema perché io il composto lo frullo tutto)
- un uovo (tutto quanto)
- 6 cucchiai i farina abbondanti (notare quanto sono precisa)
- mezza bustina di lievito "pane degli angeli"
- un po' di latte (tipo non so.. Un terzo di un bicchiere. Sempre più precisa)
- una noce di burro o margarina (meglio il burro)

Metto tutti gli ingredienti in uno di quei vasi che vendono già con il frullatore ad immersione (attrezzo indispensabile per la mia cucina. Lo uso quasi una volta al giorno) e frullo tutto. Se vedo che il composto per qualche strano motivo (credo per la precisione della ricetta) risulta troppo liquido, aggiungo un altro cucchiaio di farina. A quel punto scaldo una padella antiaderente con un pezzettino piccolissimo di burro o margarina, che poi spalmo per tutta la padella con uno pezzo di carta assorbente, per togliere l'eccesso.
Inizio a rovesciare il composto a mio piacimento per formare un pancake (contando che più li faccio grandi, prima finisco) aspetto che si formino le bolle e lo giro e lo lascio qualche altro secondo li, a finire di cuocere. Prendo un piattino e sempre perché amo le attese, inizio a farcirlo e quello successivo che cucino, glielo metto già sopra.
Se voi siete bravi, prima li fate tutti non impilandoli, così forse rimangono più gonfi e poi li farcite dopo.

Io amo cucinare, tutto..... Tranne i dolci, quindi per quanto mi riguarda, se tra gli ingredienti non c'è Amore, io cucino, ma una torta salata!

Cosa vuoi fare da grande?

Quando sei piccola, genitori e parenti ti chiedono in continuazione: cosa vuoi fare da grande?
Non importa cosa risponderai, purché sia un progetto ambizioso, un progetto "in grande", a loro andrà sempre bene.

A questa domanda rispondevo: voglio fare il medico. Ho sempre risposto così. Forse per i primi 13 anni della mia vita. Neanche sapevo cosa volesse dire. Mi bastava sapere che era una cosa che avrebbe reso in salute gli altri.

Poi c'è stato buco nero, dove nemmeno io sapevo più cosa rispondere. Dove tutti poi, in quell'età dove non capisci niente e sai vivere solo il presente, iniziano a richiedertelo sul serio. Come dovessi firmare un contratto il giorno dopo, come dovessi decidere ora, li, in quel momento, per tutti gli anni a venire.

Devi scegliere la scuola superiore, nel frattempo puzzi come una capra pur lavandoti 3 volte al giorno, i tuoi capelli da lisci e comodi, diventano gretti e come un cavolfiore, dove ti guardi allo specchio e ti vedi una mongolfiera... E loro hanno la pretesa di chiederti di decidere per i 5 anni a venire. Forse i più brutti della tua vita, forse i più belli.

Come tutte le cose che compongono le nostre scelte, per me non sono stati né i più brutti, né i più belli. Sono stati nel mezzo. Ci sono state tante corriere prese, tante no. Tanti berretti assurdi invernali, tante giornate da dimenticare, e tantissime da ricordare.

Poi finisci anche il liceo e la domanda torna: cosa vuoi fare da grande?
Adesso le idee sono più chiare, delineate. Imbocchi una via, ti piace, ti impegni, ti impegna, il sentiero finisce.
A quel punto ti dici: ecco il mondo che stavo aspettando, ecco il mondo che tutti stavano aspettando per me. E poi.. E poi niente, non arriva. E ora? Come glielo dici? Come glielo dici a queste persone qui che ti sei persa nel bosco e non trovi la strada? Come lo racconti a te stessa?

Oggi se mi dovessero chiedere: cosa vuoi fare o essere da grande, non risponderei più come tutte le volte che l'ho fatto.

Risponderei: vorrei essere felice, qualsiasi cosa mi renda felice. QUALSIASI.
E non c'è una strada sola per esserlo, cosa invece che credevo un tempo. Ce ne sono diverse, difficili, bellissime e terrificanti, tutte a loro modo.

E tu, ora: cosa vuoi fare da grande?
Riformulo:  vuoi essere felice da grande? Allora fai tutto ciò che per te questa operazione dia come risultato un sorriso. Ti assicuro  che felice, lo sarai per il resto della tua vita.

venerdì 11 gennaio 2019

Anno nuovo, blog nuovo?

Buongiorno a tutti,

mi chiamo Alice e se state leggendo queste righe, significa che alla fine, mi sono lasciata convincere.

E' diverso tempo che mi chiedono di aprire un blog, non ho ancora capito a che scopo.
Cioè si, lo so, per raccontarmi. Mi viene più facile scrivere di me, di quello che faccio, di quello che vedo, rispetto ad un video su YT, quindi proverò questa via.

Per chi è "non più giovane" come me, si ricorderà, che una volta (forse circa 12/13 anni fa) c'era un sito "myspace", che veniva utilizzato dai più per  scrivere. Era un blog a tutti gli effetti. Io ce l'avevo.
Ricordo che era sui toni del Lilla/viola, l'avevo personalizzato, era bello. Riformulo: a me piaceva.

Credo che ripartirò da dove mi sono fermata. Devo dire che era un'abitudine che mi piaceva. Non mi occupava tanto tempo, lo usavo per sfogo, per scrivere tutto quello che mi passava per la testa. La cosa che vorrei cambiare però è che vorrei scrivere di cose più concrete. Sono passati tanti anni, ne ho quasi 30, devo.

Non ho pensato ancora precisamente cosa farci, ne la frequenza, nemmeno il contenuto effettivo, ma so già che da scrivere ce ne sarà e molto.

Per chi fosse interessato ho anche un canale YT appunto, dove potrete trovarmi con lo stesso nickname e anche un profilo instagram pubblico, dove posto le mie foto perché pure la fotografia fa parte di me per chi ancora non lo sapesse e se fosse nuovo su questo blog.

Ho pure una pagina FB ma quella è personale, non l'ho volutamente resa pubblica, sono fin troppo social ultimamente. Va bene così.

Probabilmente alcune cose le pubblicherò su fb e anche qui. Alcuni  scritti solo su FB, alcuni solo qui. Vedrò come più mi piace.

Ci leggiamo presto.
Un saluto
Alice