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giovedì 14 febbraio 2019

Un silenzio pieno di parole: Ferro 3.

Come potevo non scrivere oggi?
In una ricorrenza come questa?

Stamattina  mi sono svegliata presto, prima del suono della sveglia e mi sono messa a guardare un video (era davvero troppo presto per alzarsi). Nel video in questione il ragazzo consigliava dei film per la giornata di oggi.

Il primo della lista consigliata era Ferro 3.

La trama di questo film è davvero molto semplice.
E' la storia di un ragazzo che ogni notte o quasi, vive in una casa diversa. Case temporaneamente vuote. La sua tecnica per scoprire se sono libere è quella di appendere un volantino alla porta di casa:  se il volantino non viene tolto, significa che in casa non c'è nessuno e quindi, in quel caso, entra.

Inizia vivere in queste che per lui sono nuove case, con un rispetto che lo contraddistingue ad un ladro. Non entra per rubare, ma per aggiustare cose rotte, sistemare stanze, pulire, lavare vestiti, finchè un giorno, la sua teoria dei "volantini  non tolti dalle porte" si sgretola ed entrando in una delle abitazioni, scopre che non è vuota, ma all'interno c'è una donna, la proprietaria.

Sarà il principio di una relazione, la loro, di conoscenza, fiducia e amore che strapperà la donna dalla sua abitazione e li porterà lontani ogni notte in una diversa camera da letto, cucina, bagno.
Lui la strapperà dalla condizione di violenza che vive in casa propria, per portarla nel suo mondo unico per aggiustarla, pulirla, sistemarla e donarle nuova vita.

Non vi posso dire di più, non vi voglio dire di più.
Quale giorno meglio di oggi, è ottimo per guardare questo capolavoro?

Se non sapete cosa fare stasera, sia che siate in coppia, sia che siate soli, vi consiglio questo film.
Se poi amate la fotografia, il silenzio pieno di parole, il ricostruire piuttosto che il ricomprare, questo è il film che fa per voi.

Perchè l'amore è tutti i giorni, ma più che l'amore, il rispetto è tutti i giorni, la fiducia è tutti i giorni, l'amicizia è tutti i giorni. La violenza è MAI, mai e poi mai.

venerdì 8 febbraio 2019

IT, la paura dei clown e la valle perturbante

Sabato scorso ho visto IT, il nuovo remake del film uscito mi pare ormai due anni fa.

Partendo dal presupposto che non ho mai voluto vedere il film originale e tanto meno leggere il libro, poiché ho il terrore dei clown da sempre, anno scorso avevo tentato la lettura del romanzo, ma dopo un centinaio di pagine, non ce l'ho più fatta. Non per la paura, ma per la lunghezza di tutto il racconto, che sembrava non prendere mai il via. Che fatica!

Non so precisamente da dove derivi la mia paura del clown in generale, non me lo sono mai chiesta prima di questi ultimi anni. Dovrebbe essere una figura che fa ridere, divertire, a me mette il panico e inquietudine in generale. La stessa cosa mi succede con le bambole, per me terrorizzanti. Così ho fatto una ricerca ovviamente.

La paura della figura del clown ha un nome, ovvero COULROFOBIA, che è appunto il timore irrazionale ai pagliacci per il modo in cui il nostro cervello percepisce alcune espressioni facciali.
Essendo di fatto il clown, una persona, il nostro cervello registra i movimenti del volto quanto tali-reali- umani , ma incrocia il tutto con una rappresentazione (che dovrebbe essere divertente con naso a patata rosso, bocca grande, viso truccato in maniera importante) esagerata e fantasiosa. Questo insieme di umano e fantastico, per il nostro cervello, può essere percepito come un turbamento, quindi una paura sicuramente irrazionale, ma altrettanto reale.

Questo fenomeno di turbamento viene chiamato "Uncanny Valley" - o valle perturbante- denominato così da uno studioso di robotica degli anni 70 (Masahiro Mori) che fece una ricerca su alcuni campioni umani relazionati ad alcuni robot.
Si è registrato che più il robot esteticamente ed espressivamente assumeva sembianze umane (pur essendo informati che la figura davanti a loro era un automa), più le persone reagivano con senso di inquietudine, repulsione, turbamento. Da li il termine di valle perturbante. La valle perturbante è il punto nel quale, la percezione umana si avvicina maggiormente al riconoscimento del robot come un qualcosa di terreno e non di artificiale.

Si può concludere quindi che abbiamo paura del diverso, tanto quanto del troppo simile. Perché ad un certo punto la nostra percezione non rileva più, in maniera irrazionale e no, che cos'è reale e che cosa è finzione o artificiale. E qui si potrebbe aprire un dibattito sulla robotica che credo non finirebbe più, ma non era li che volevo arrivare.

Adesso ho capito come mai non  riesco ad entrare nella casa del terrore di Mirabilandia (per fare un esempio) perché in questo parco giochi, pagano delle persone, degli attori, per incutere terrore, quindi per rendere il tutto un po' più reale, dentro ad una casa stregata di finzione.

Tutto il film (come il libro credo, pur non avendolo letto) si basa sulle paure che abbiamo noi umani. In pratica la figura del clown è sempre presente come immagine finale di paura di finzione, ma prima di essere un clown, per ognuno dei protagonisti del film, è "la cosa" che  più al mondo gli spaventa. Per una ragazzina prende le sembianze del padre che la maltratta, per un ragazzino ipocondriaco, prende le sembianze di una persona ammalata gravemente ecc. ecc....

Seppure in alcuni punti, il film è stato il terrore per me, trovo che l'idea sia stata un geniale (e per quanto possa esserlo un film horror, gradevole) e che inevitabilmente toccherà la maggior parte degli individui che lo vedranno. Tutti noi abbiamo delle paure nascoste, e continueranno a farci tanta paura finché  non riusciremo a scindere quello che è reale e quello che no, e finché non impareremo ad affrontarle.

martedì 5 febbraio 2019

Recensione (la mia esperienza): La Tigre e l'acrobata

Pochi giorni fa, ho finito di leggere il nuovo libro di Susanna Tamaro.
Mi era stato consigliato da un' insegnante che viene a fare le cure termali nel centro in cui lavoro.
Si può dire che mi fido quasi ciecamente dei gusti di questa persona. Insegna lettere e dopo due parole scambiate con lei, credetemi, vi fidereste anche voi.

Ci ha preso anche questa volta. Non so, ci prende sempre. Forse perché io e lei abbiamo gusti simili, forse perché l'età le consente di vedere più in là.

La tigre e l'acrobata è un romanzo di fantasia inventato appunto dalla scrittrice, che io chiamerei quasi quasi favola.

-Sappiate che sono andata a vedermi le differenze tra fiaba e favola per usare il vocabolo giusto. La favola è quella storia scritta in prosa, tramandata a voce o scritta dove i protagonisti di solito sono animali che però hanno caratteristiche umane, come il saper parlare, ragionare, litigare, amare. Parla solitamente di eventi quotidiani e quindi realistici, e la prosa usa un linguaggio più complesso rispetto alla fiaba-

Quindi ricominciamo. La tigre è l'acrobata è una favola, la quale protagonista è appunto una tigre. Il racconto inizia con la sua nascita e finisce come potete immaginare con la fine della sua vita.

Durante la sua esistenza, la tigre imparerà le basi della sopravvivenza dalla madre, i valori ai quali aspirare da un uomo sciamano incontrato in una capanna, e cosa significa non essere liberi in un circo.

La storia viene raccontata in capitoletti di poche pagine ciascuno. La scrittura della Tamaro è piena di metafore, descrizioni, molto semplice, scorrevole e per questi motivi diretta.
Seguiremo la nostra tigre nella sua continua ricerca del sé, per questo il libro lo consiglio più che altro ad un pubblico adolescente o al massimo adulto. Non so se sia adatta ad un pubblico troppo giovane, poiché è semplice, ma complesso nei temi.

Spero abbiate l'occasione di leggerlo, perché l'ho trovato davvero interessante e devo dire PULITO. Ecco si, pulito credo sia il termine che più mi rimanda a questa scrittrice.


link al video recensione sul mio canale YT:
https://youtu.be/8HYH0WJoBpU





lunedì 4 febbraio 2019

Papà e pozzanghere

Quando ero piccola e pioveva, ero contenta, ma solo se si usciva in macchina.

Sono sempre stata seduta dietro, mica come adesso che vedo mamme con in braccio i propri figli nel sedile del passeggero, davanti!
Sono stata seduta dietro per davvero tanti anni, che quando è stato il momento di passare al lato passeggeri, hanno dovuto dirmelo. Se fosse stato per me, forse starei ancora nei sedili posteriori.

E' sempre stata, la macchina, un qualcosa di soporifero per me. Tempo 5 minuti, forse meno e mi trovavi addormentata. Oggi devo dire che la cosa non è cambiata molto, a parte se guido che ok, li sono sveglia per forza.

Ma quando pioveva, mi mettevo al finestrino e chiedevo a mio papà (solo a lui però) di andare volutamente dentro alle pozzanghere, perché mi piaceva vedere il ventaglio di acqua sul vetro e contro la macchina.

Ci ho pensato l'altro giorno che appunto pioveva. Sono entrata in una pozzanghera (non volutamente) e per la millesima volta la macchina ha fatto quel rumore terribile e mi ha tenuto in strada.
Andavo pianissimo ovviamente, quindi non ci sarebbe stato nessun pericolo, tanto che ho pensato a quando lo chiedevo a lui.

Inizialmente mi diceva di no, perché era pericoloso, era una cosa da non fare e da evitare possibilmente, ma poi rallentava (solo nelle strade a fianco a casa, dove non passava nessuno) e davvero pianissimo nelle pozze ci entrava. E io ridevo, e per lui bastava.

Ci penso ogni volta che piove e sono in strada. A volte facciamo delle richieste ai nostri genitori, e spesso ci lamentiamo perché ci rispondono con un NO. Dagli occhi di un bambino, è tutto molto semplice: "questa cosa mi fa ridere, mi diverte, non costa niente e allora perché mi devi dire di no?"
Siamo troppo piccoli per capirlo.

Ma adesso so che gli ho sempre chiesto una cosa pericolosa e che per quanto ha potuto, pur di vedermi ridere, ha trovato il modo sicuro, per farmela vivere.

Spero di essere un genitore così da grande. Certo non un genitore che mette a rischio i propri figli (di fatto mio papà non lo faceva), ma qualcuno che, quando mio/a figlio/a sarà grande, gli verrò in mente e potrà ricordarmi nelle pozzanghere o in due gocce di pioggia, capendo che per farlo felice, ho fatto cose pazze, spesso anche contro logica, per riuscire a sentirlo ridere.