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giovedì 7 marzo 2019

Recensione (la mia esperienza): "il tatuatore di Auschwitz".

Ieri ho finito di leggere un libro che mi ha toccato e volevo parlarvene qui.
Il libro in questione è "Il tatuatore di Auschwitz" di Heather Morris, edito Garzanti.
Il libro mi è stato consigliato da un'amica di cui mi fido e appena ho trovato l'occasione l'ho comprato.
Se andate in libreria lo troverete negli scaffali di narrativa, pur non essendo semplice narrativa, ma una storia vera.
Se potessi decidere io, in libreria aggiungerei una scaffalatura a parte per queste storie, in modo che il lettore che lo va ad acquistare, possa già sapere che è una storia reale, e non di fantasia, per essere preparato prima.

La scrittrice nata in Nuova Zelanda, abita a Melbourne in Australia. Lì conosce il nostro protagonista e insieme a lui, decide di raccontare la sua storia. Prima sotto forma di scenografia, poi successivamente, come romanzo. Per la scrittrice questo diventerà il suo romanzo d'esordio e sicuramente (questo lo dico io) un racconto che le ha cambiato la vita.

Ma partiamo dalla trama:
il nostro romanzo si apre con la presentazione superficiale del  protagonista (che impareremo a conoscere piano piano tramite i suoi ricordi). Lale  si trova catapultato su un treno merci in un viaggio che non sa dove lo porterà, con l'unica informazione da parte dei funzionari statali: "andrai a lavorare per lo stato tedesco".
L'anno è il 1942, e dopo giorni di fame e sete dentro al vagone bestiame, il treno si ferma e lì, li fanno scendere (lui e gli altri) dentro ad un campo di lavoro, marchiati a vita da un numero su un braccio, spogliati dai propri averi, della propria identità, del loro rispetto e autostima.

Per pura fortuna Lale (complice il fatto che conosce 6/7 lingue diverse), si ritroverà a lavorare prima a fianco del tatuatore del campo, e dopo poco ad essere lui stesso il tatuatore in carica.
Si sposterà ripetutamente tra Auschwitz e Birkenau, rigorosamente a piedi e vedrà tutte le fasi di quel genocidio che tutti conosciamo dai libri.
Conoscerà altre persone che diventeranno amici, alcuni diventeranno Famiglia, alcuni  Amore, alcuni  Speranza, altri invece maltrattamenti e dolore, conoscerà la fame, il pericolo, l'infelicità, ma mai perderà lo spirito di sopravvivenza, e la sua mente che sarà la vera forza di tutta la sua persona, e con il motto "salvare anche un solo uomo, è come salvare il mondo intero", arriverà alla fine della guerra cercando l'amore conosciuto all'interno del campo e cercando di ricomporre la sua famiglia per quello che gli è possibile.

Ho apprezzato il modo di scrivere della scrittrice perché racconta i fatti come appunto fossero fatti, cose successe, come un giornale e non come un vero romanzo.
Per quanto mi riguarda è il motivo per il quale sono riuscita a continuare il libro, senza doverlo chiudere per la crudeltà degli avvenimenti.
Mai si dilunga nella descrizione di tutto quello che è stato "spiacevole", poiché credo che il messaggio che vuole far arrivare al lettore, è sì, un messaggio di denuncia, ma anche e soprattutto un messaggio di amore, resistenza e speranza, oltre ogni limite fisico e umano.

Non ho mai letto altri libri sull'olocausto (se non quelli di scuola), ho visto però diversi film.
Questo libro mi ha dato una chiave di lettura un po' diversa e unica della storia e degli avvenimenti.
Spesso, quando giravo la pagina, mi sono chiesta come sia possibile che un uomo possa fare tutto ciò? Che mente malata bisogna avere per fare questo a un qualsiasi altro essere vivente sul pianeta?
Tanti dicono che gli ebrei, come gli zingari, come altri rinchiusi i quei campi, sono stati trattati come animali. Io dico che gli animali non si permetterebbero mai di trattare un proprio simile e nemmeno un'altra specie in un modo tanto crudele senza nessun motivo o per delle differenze di genere.
E' una vergogna paragonare l'animale all'uomo. Lui caccia e uccide per necessità, loro l'hanno fatto per motivi assai sconosciuti per la mia mente, tra i quali il divertimento e un'idea di superiorità che mi fa molta paura.

Non è  un pezzo di storia che se n'è andato, ma un pezzo di storia che continua a vivere tra di noi come un fantasma. Basta accendere la tv e ascoltare qualche tg, per avere i brividi. Io la tv sto cercando di tenerla spenta da tempo. Al momento mi sta riuscendo piuttosto bene.


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